RUSSIA 31
Diritti, libertà, informazione
martedì 10 luglio 2012
martedì 3 luglio 2012
Da Facebook alla "Russia offline"
La protesta riparte dalla provincia
Volantini e lezioni su Mandela
in piazza: «Non è vero che fuori Mosca tutti amano Putin»
SMOLENSK
La stagione delle dacie, quando tutti fuggono in campagna stirando il weekend al massimo, è aperta. Di tanto in tanto i leader dell’opposizione fanno capolino al Comitato Investigativo, dove sono sotto inchiesta per «disordini di massa». Ma le proteste sono sospese per ferie: la prossima manifestazione sarà a metà settembre. E allora si va fuori Mosca, a Smolensk, 400 km a SudOvest, nella provincia russa grande tallone d’Achille dei contestatori, la «Russia offline» dove le proteste non fanno breccia e il controllo è maggiore. Qui Taisia Osipova, 27 anni, diabetica e mamma di una bimba di 6 anni, attivista del movimento d’opposizione Altra Russia, è in carcere da 18 mesi e rischia 10 anni per «spaccio di droga». Un processo politico, secondo alcuni, ha suscitato dubbi persino nell’ex presidente Medvedev che l’ha fatto riaprire.
Taisia è paffuta, non è bella né trendy come le punk dissidenti Pussy Riot, beniamine dei media occidentali. «Dicono che se in aula non ci sarà nessuno, la sentenza sarà molto dura. Io ho la macchina, la prossima udienza è mercoledì, chi vuole venire?», lancia l’appello su Facebook Tamara Eidelman, 53 anni, insegnante di storia al liceo statale N° 1567 sulla prospettiva Kutuzovsky, uno dei migliori della capitale. Tamara fa parte dell’élite intellettuale che nei mesi scorsi è scesa in piazza, ma non riesce a farsi vedere in tv né sui giornali. H avuto una medaglia al merito da Putin, ma si è iscritta alla «Macchina Buona della Propaganda», il sito del blogger Alexey Navalny per reclutare attivisti pronti a diffondere il verbo dissidente nella Russia profonda, una sorta di moderno agitprop. Alla spedizione si uniscono Ulia e Ola, entrambe 23 anni, appena laureate, una in teatro, l’altra in belle arti, attive nella recente «Occupy» moscovita.
La vecchia Volkswagen della «Prof» si inoltra tra boschi di conifere e campi di lavanda, un rettilineo che arriva dritto al confine con la Bielorussia di Lukashenko, l’ultima dittatura d’Europa. Si punta verso Smolensk, chiese con cupole a cipolla e palazzi dell’epoca zarista sul Dniepr, ci passarono le truppe di Napoleone e Hitler. Non è una città povera: vive di transito (colonne di Tir interminabili, e forse contrabbando), e taglio dei diamanti. Ma i marciapiedi sono in stato disastroso. Il nastro bianco dell’opposizione, che Tamara ha annodato sulla borsa, qui è una rarità. Pochi hanno sentito parlare del caso Osipova, ma Alex, proprietario dell’ostello nello scantinato dietro la piazza col busto di Marx, lo conosce e dice «Sono con voi».
Da Mosca arrivano in treno altri tre attivisti. Non è la loro prima missione fuori: hanno raggiunto Yaroslavl, a Nord, per il monitoraggio del voto che ha aiutato la vittoria dell’opposizione, e ad Astrakhan, sul Caspio, dove il candidato sindaco sconfitto aveva lanciato uno sciopero della fame per protesta contro i brogli. «C’era un clima ostile, la polizia ci seguiva in strada, ma è venuta un sacco di gente, coi nastri bianchi – racconta Tamara. – Ho capito che non è vero che la provincia è tutta per Putin. Dobbiamo informare, convincere».
Il gruppetto critica la linea dei «capi»: le manifestazioni in piazza non bastano più, bisogna trovare nuovi e diversi tipi di protesta. «Scrivere volantini “Putin ladro” è stupido e serve a poco – dice Ulia – scriviamo cosa ha rubato, quando e dove, punto per punto. Dobbiamo parlare di asili, scuole, contattare le università, parliamo di problemi sociali». Pensano a creare database per ogni città, «per aggiungere temi locali». Tamara infila ogni mattina un pacco di volantini antiPutin nell’ascensore del suo condominio: «Ma dopo 10 minuti spariscono, è una lotta quotidiana». Però ha fiducia: «Le nuove generazioni sono completamente diverse da noi, non hanno mai vissuto nell’Urss e hanno teste libere. Possono cambiare le cose».
Ola non ha detto ai genitori del suo viaggio. Il padre è un ex deputato, pentito, del partito putiniano Russia Unita: «Per lui le manifestazioni non servono a nulla, dice che è impossibile cambiare la Russia». La «Prof» scherza: «Magari finirà come in “Mississipi Burning”, gli attivisti che spariscono per strada, o vengono ammazzati».
L’udienza si svolge a casa di Osipova: ispezione con incidente probatorio. Il nuovo processo è stato rinviato cinque volte, i testimoni non si sono presentati. Osipova è nella lista dei prigionieri politici dell’opposizione, un ricorso è approdato a Strasburgo. La casa è una villetta in mattoni nel silenzio della campagna, un gruppo di poliziotti viene incontro su per il sentiero: «Abbiamo avuto ordine di non farvi avvicinare». Ulia cita pronta la legge: «Abbiamo il diritto di filmarvi, siete nell’esercizio delle vostre funzioni». Tamara si siede su un masso, tra il cinguettio degli uccelli, e attacca la sua lezione su «Resistenza pacifica da Socrate a Martin Luther King», che aveva già tenuto agli Occupy di Mosca. «C’era una volta un uomo, viveva in Sud Africa, si chiamava Nelson Mandela…», poi Ghandi e Thoureau. Gli uomini in divisa voltano le spalle, guardando altrove. Ma un paio ascoltano attenti la «professoressa emerita» venuta da Mosca a difendere qualcuno che nemmeno conosce.
Taisia è paffuta, non è bella né trendy come le punk dissidenti Pussy Riot, beniamine dei media occidentali. «Dicono che se in aula non ci sarà nessuno, la sentenza sarà molto dura. Io ho la macchina, la prossima udienza è mercoledì, chi vuole venire?», lancia l’appello su Facebook Tamara Eidelman, 53 anni, insegnante di storia al liceo statale N° 1567 sulla prospettiva Kutuzovsky, uno dei migliori della capitale. Tamara fa parte dell’élite intellettuale che nei mesi scorsi è scesa in piazza, ma non riesce a farsi vedere in tv né sui giornali. H avuto una medaglia al merito da Putin, ma si è iscritta alla «Macchina Buona della Propaganda», il sito del blogger Alexey Navalny per reclutare attivisti pronti a diffondere il verbo dissidente nella Russia profonda, una sorta di moderno agitprop. Alla spedizione si uniscono Ulia e Ola, entrambe 23 anni, appena laureate, una in teatro, l’altra in belle arti, attive nella recente «Occupy» moscovita.
La vecchia Volkswagen della «Prof» si inoltra tra boschi di conifere e campi di lavanda, un rettilineo che arriva dritto al confine con la Bielorussia di Lukashenko, l’ultima dittatura d’Europa. Si punta verso Smolensk, chiese con cupole a cipolla e palazzi dell’epoca zarista sul Dniepr, ci passarono le truppe di Napoleone e Hitler. Non è una città povera: vive di transito (colonne di Tir interminabili, e forse contrabbando), e taglio dei diamanti. Ma i marciapiedi sono in stato disastroso. Il nastro bianco dell’opposizione, che Tamara ha annodato sulla borsa, qui è una rarità. Pochi hanno sentito parlare del caso Osipova, ma Alex, proprietario dell’ostello nello scantinato dietro la piazza col busto di Marx, lo conosce e dice «Sono con voi».
Da Mosca arrivano in treno altri tre attivisti. Non è la loro prima missione fuori: hanno raggiunto Yaroslavl, a Nord, per il monitoraggio del voto che ha aiutato la vittoria dell’opposizione, e ad Astrakhan, sul Caspio, dove il candidato sindaco sconfitto aveva lanciato uno sciopero della fame per protesta contro i brogli. «C’era un clima ostile, la polizia ci seguiva in strada, ma è venuta un sacco di gente, coi nastri bianchi – racconta Tamara. – Ho capito che non è vero che la provincia è tutta per Putin. Dobbiamo informare, convincere».
Il gruppetto critica la linea dei «capi»: le manifestazioni in piazza non bastano più, bisogna trovare nuovi e diversi tipi di protesta. «Scrivere volantini “Putin ladro” è stupido e serve a poco – dice Ulia – scriviamo cosa ha rubato, quando e dove, punto per punto. Dobbiamo parlare di asili, scuole, contattare le università, parliamo di problemi sociali». Pensano a creare database per ogni città, «per aggiungere temi locali». Tamara infila ogni mattina un pacco di volantini antiPutin nell’ascensore del suo condominio: «Ma dopo 10 minuti spariscono, è una lotta quotidiana». Però ha fiducia: «Le nuove generazioni sono completamente diverse da noi, non hanno mai vissuto nell’Urss e hanno teste libere. Possono cambiare le cose».
Ola non ha detto ai genitori del suo viaggio. Il padre è un ex deputato, pentito, del partito putiniano Russia Unita: «Per lui le manifestazioni non servono a nulla, dice che è impossibile cambiare la Russia». La «Prof» scherza: «Magari finirà come in “Mississipi Burning”, gli attivisti che spariscono per strada, o vengono ammazzati».
L’udienza si svolge a casa di Osipova: ispezione con incidente probatorio. Il nuovo processo è stato rinviato cinque volte, i testimoni non si sono presentati. Osipova è nella lista dei prigionieri politici dell’opposizione, un ricorso è approdato a Strasburgo. La casa è una villetta in mattoni nel silenzio della campagna, un gruppo di poliziotti viene incontro su per il sentiero: «Abbiamo avuto ordine di non farvi avvicinare». Ulia cita pronta la legge: «Abbiamo il diritto di filmarvi, siete nell’esercizio delle vostre funzioni». Tamara si siede su un masso, tra il cinguettio degli uccelli, e attacca la sua lezione su «Resistenza pacifica da Socrate a Martin Luther King», che aveva già tenuto agli Occupy di Mosca. «C’era una volta un uomo, viveva in Sud Africa, si chiamava Nelson Mandela…», poi Ghandi e Thoureau. Gli uomini in divisa voltano le spalle, guardando altrove. Ma un paio ascoltano attenti la «professoressa emerita» venuta da Mosca a difendere qualcuno che nemmeno conosce.
articolo di LUCIA SGUEGLIA, tratto da 'la stampa'
giovedì 28 giugno 2012
Un generale del ministero degli Interni: in Russia è avvenuta la completa saldatura dello stato con la criminalità
Il generale di divisione del ministero degli Interni della Federazione Russa e noto criminologo russo Vladimir Semënovič Ovčinskij, che in passato fu a capo dell'ufficio russo dell'Interpol, ha concesso un'intervista che ha colpito per sincerità. Il generale ha ammesso che in Russia è avvenuta la completa saldatura dello stato con la criminalità e che i banditi si sono "trincerati" a tutti i livelli del potere.
Secondo l'esperto, i raggruppamenti criminali organizzati (OPG [1]) del periodo della tarda URSS e dello stabilimento del sistema statale russo contemporaneo non si sono nascosti da nessuna parte, ma sono semplicemente mutati qualitativamente. "Probabilmente la principale differenza dei nuovi banditi sta nel fatto che mai – né negli anni '80, né negli anni '90 – c'era stata una così massiccia presenza di rappresentanti delle strutture statali ufficiali negli OPG. Si può dire con certezza che da noi nel paese non ci sia una sola struttura statale "immacolata" – che sia il governo, un ministero, l'apparato dei governatori o una giunta comunale", – dice il dottore in Scienze Giuridiche Vladimir Ovčinskij.
Un posto particolare in questa "hit parade" della corruzione è occupato dalle strutture armate. Neanche nei "feroci anni '90" ci fu un così massiccio coinvolgimento di agenti delle forze dell'ordine nelle OPG. "In qualità di illustrazione si può portare il totalmente fantastico caso dei procuratori dei dintorni di Mosca che gestivano il "racket" del gioco d'azzardo. Come ex capo dell'Interpol affermo che non esistono analoghi al mondo", – ha aggiunto il criminologo. A suo parere, i procuratori dei dintorni di Mosca si sono rivelati rappresentanti di una specie del tutto nuova di criminali. Non sono semplicemente dei corrotti.
"Queste persone avevano incluso in se la funzione dei banditi. Estorcevano personalmente, minacciavano personalmente, accompagnavano personalmente i banditi. Non è mai successo che il vice-procuratore della regione di Mosca sia fuggito e sia ricercato. E' una cosa senza precedenti", – dice Vladimir Ovčinskij. Letteralmente a maggio 2011 si era concluso il processo alla OPG "di Bratsk [2]" che si occupava di attività da raider, di attività boschive illegali, omicidi e racket. Questo sindacato criminale era capeggiato da un deputato del partito pro-Cremlino "Russia Unita", il noto uomo d'affari Vadim Maljakov. E l'iniziatore degli omicidi era il capo dell'UVD [3] di Bratsk Vladimir Utvenko, i cui ordini erano eseguiti da poliziotti e banditi. Infine, coordinatore delle loro azioni era il deputato dello LDPR [4] Aleksandr Zagorodnev. Vent'anni anni fa solo a qualche raro bandito riusciva "penetrare al potere". Un "fortunato" del genere fu, per esempio, un "ladro nella legge" [5] soprannominato Barboncino, che ottenne lo status di assistente "sociale" [6] del presidente della Federazione Russa Boris El'cin. "A suo tempo qualcuno lo piazzò furtivamente. Ma ciò non durò a lungo", – ha aggiunto il generale di divisione del ministero degli Interni.
Un altro esempio singolo è il noto bandito Michail Monastyrskij, che si è seduto in una poltrona da deputato. "Ma sono tutti esempi singoli. Ciò non aveva un carattere di massa, ecco in cosa consiste la differenza principale. Ma ora avviene una qualche "statalizzazione della mafia" – le strutture mafiose di fatto hanno preso a sostituire la leadership reale", – dice il dottore in Scienze Giuridiche. La mafia russa si sente a suo agio perfino nelle sfere legali del mondo degli affari, mentre in Europa la criminalità organizzata si esclude gradualmente da là. Un esempio di trasformazione di assassini in "manager efficienti" [7] è la banda degli Capok nel villaggio cosacco di Kuščëvskaja nel Kuban' [8].
Il criminologo volge l'attenzione anche a un'altra tendenza pericolosa – a dare il cambio agli OPG in Russia sono giunti i clan. "Se prima ciò era caratteristico dei fuoriusciti dal Caucaso, adesso la tendenza si è diffusa in tutto il paese. Tutta la Russia è in mano ai clan. E a capo di questi clan, di regola, ci sono autorità del mondo criminale", – afferma Vladimir Ovčinskij. A suo dire, un OPG si può incriminare, ma Temi non è in grado di sgominare un clan. L'involucro del clan, composto da rappresentanti dell'intellighenzia (medici, economisti, insegnanti), ritiene il nucleo criminale un'avanguardia ed è pronto a difenderlo.
"Così è stato, peraltro, a Kuščëvskaja. La banda che aveva occupato tutto il villaggio cosacco era pure un clan sui generis. In questo caso gli Capok formavano un nucleo di livello regionale", – nota l'esperto. Ora la Russia può essere colpita da una nuova ondata di violenza, in quanto perfino i criminali più incalliti, condannati nei "feroci anni '90", andranno in libertà. A dimostrazione il generale di divisione porta la statistica della Corte Suprema per gli anni 2004-2009. Per esempio, su tutti gli omicidi premeditati l'ergastolo è stato erogato nello 0,2% dei casi. In 25 anni ci sono state condanne solo nel 3-4% dei casi. Su 234 mila condannati per lesioni gravi, fra cui quelle che hanno causato la morte, hanno avuto il massimo della pena solo due banditi. E di questa categoria di condannati il 37% ha avuto la condizionale ed è rimasto in libertà. Per banditismo in questo periodo sono state incriminate 1180 persone. Tra queste solo tre hanno avuto il massimo della pena. Per aggressione di tipo banditesco sono state condannate 147 mila persone. Tra queste hanno avuto il massimo della pena solo in sette. Per l'abbastanza raro articolo "Organizzazione di comunità criminale" sono state condannate 440 persone. Tra queste solo 37 mafiosi hanno avuto il massimo della pena. "Ma neanche quelli che hanno il massimo della pena se ne dolgono particolarmente. Vanno in libertà condizionata dopo metà della pena. Perciò tutto il contingente degli anni '90, che, come ci sembra, è in prigione, è uscito da tempo. Tanto più che ci sono tutte le condizioni per questo", – ha ricapitolato Vladimir Ovčinskij.
A quanto dice il criminologo, nessuno dei vecchi banditi è divenuto un cittadino obbediente alla legge dopo la "gattabuia". Secondo la legge del mondo criminale, se uno era un leader, lo rimane. "Un generale del ministero degli Interni si può mandare in pensione e dimenticare, ma nella mafia i generali del mondo criminale non vengono mandati in pensione", – afferma l'ex capo dell'ufficio russo dell'Interpol. La criminalità russa ha anche le proprie "particolarità nazionali". Per esempio, in nessun posto al mondo ha avuto larga diffusione un tipo di reati come le attività da raider. Vladimir Ovčinskij ritiene che in una vera sconfitta nella guerra alla criminalità si sia mutata la fatale decisione del 2008, quando furono sciolte le UBOP (Upravlenija po Bor'be s Organizovannoj Prestupnost'ju [9]) e presto tutte le forze furono gettate nella lotta ai famigerati estremisti.
"Gli specialisti ritengono che nel 2008, dopo la liquidazione di questi reparti speciali, la situazione sia stata fatta tornare d'un colpo a 20 anni fa. In conseguenza di questo passo sconsiderato abbiamo perso le strutture che dovevano occuparsi della criminalità organizzata e insieme a queste un gran numero di professionisti", – dice il generale di divisione del ministero degli Interni. Inoltre i materiali di tipo investigativo riguardanti i raggruppamenti banditeschi organizzati sono stati perduti o distrutti. Anche se il pubblico è stato assicurato che tutto è stato conservato. Per questo a livello del paese sono rimasti incontrollati fino a 80 mila membri attivi di raggruppamenti criminali organizzati.
http://ingushetiyaru.org/news/23057.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
|
[1] Dalla dicitura russa Organizovannye Prestupnye Gruppirovki.
[2] Città della Siberia meridionale.
[3] Upravlenie Vnutrennich Del (Direzione degli Affari Interni), in pratica la polizia.
[4] Liberal'no-Demokratičeskaja Partija Rossii (Partito Liberal-Democratico di Russia), ad onta del nome partito nazionalista e populista.
[5] Criminale legato a un codice.
[6] Nel senso di "non partitico".
[7] Putin ha applicato tale definizione a Stalin...
[8] Regione della Russia meridionale.
[9] "Direzioni per la Lotta alla Criminalità Organizzata".
lunedì 18 giugno 2012
ACCUSE DI MORTE AD UN GIORNALISTA DELLA 'NOVAYA GAZETA'
La democrazia
russa sembra spostarsi di un passo in avanti e uno indietro. I nuovi movimenti
sociali che domandano una maggior trasparenza dell’operato del sistema
governativo si scontra con situazioni che sembrano riprendere vita dai
terremotati anni novanta quando i confronti stile far west erano fatti giornalieri
e le dispute si risolvevano a colpi di pistola.
Certi membri
del parlamento non sono di fatto cambiati. Il loro modo di pensare sembra
rimasto incagliato nel fango del passato. Il miglior modo di risolvere una
questione passa attraverso una sparatoria. Perché perdere tempo in lungaggini
democratiche fatte d’inutili parole? La pistola è molto più efficace. Basta ricordare
che decine di giornalisti sono stati uccisi negli ultimi vent’anni in
circostanze più che dubbie. I processi si sono arenati e la gente tenuta allo
scuro.
L’ultimo di
questi fatti ha avuto luogo qualche giorno fa, quando il direttore del giornale
“Novaya gazeta” ha accusato il capo del Comitato Investigativo Alexander
Bastrykin di aver guidato Sergey Sokolov, vice redattore del suo giornale, in
una foresta fuori Mosca e averlo minacciato di morte. “La brutale realtà è che
non solo ha minacciato di morte il mio collega ma l’ha anche schernito ricordandogli
che sarebbe poi stato lui, l’investigatore a investigare sul suo decesso” ha
aggiunto il direttore del giornale.
Il motivo
della minaccia risale a un articolo pubblicato da Sokolov in cui il giornalista
critica il modo in cui Bastrykin aveva trattato il caso contro Sergey Tsepovyaz
il quale, sebbene accusato di aver coperto il massacro di dodici persone nella
regione di Krasnoyarsk, è stato liberato dietro il pagamento di una multa di
4.500 dollari. Bastrykin non ha apprezzato le critiche del giornalista e per
questo ha deciso di metterlo in guardia.
La minaccia
rappresenta una violazione immane dei diritti umani e della libertà di stampa
in Russia. Inoltre, acquisisce ancora maggiore cupezza se si pensa ai numerosi
omicidi di giornalisti avvenuti negli ultimi anni, tra cui quello di Anna
Politkovskaya, anche lei giornalista della “Novaya Gazeta”.
Bastrykin,
dopo qualche giorno di silenzio, ha negato le accuse: “Non riesco neanche a
ricordare l’ultima volta in cu sono stato in una foresta. Il lavoro intenso non
mi lascia tempo libero per viaggi in campagna. Queste accuse sono solo
insensate dichiarazioni di una mente creativa”.
Il potere e
l’influenza del Comitato Investigativo e di Bastrykin sono senza limiti. La sua
impunità è assicurata, la possibilità del cittadino di mettere in discussione
le sue decisioni è inesistente. L’organismo riferisce direttamente a Vladimir
Putin, tra l’altro ex-compagno universitario di Bastrykin.
MB
mercoledì 13 giugno 2012
LE MARCE CONTINUANO
(Nel manifesto si legge : "Russia avanti! Senza Putin)
Putin appena ricandidato e subito dà una rimpastata alle
regole. Una delle prime mosse è stata quella di rendere la vita
dell’opposizione e delle migliaia di persone che non lo vogliono più al potere
più difficile, soprattutto dal punto di vista economico. Forse avrà pensato che
se i manganelli dei temuti Omon (unità speciale della polizia russa) non
bastano, magari qualche bella multa potrebbe azzittirli. Alcune delle multe
sono le seguenti:
- Se durante la dimostrazione si presenterà un
numero di dimostranti maggiore di quello previsto dagli organizzatori, allora questi
ultimi dovranno pagare tra i 250 e i 500 Euro.
- Nel caso in cui i dimostranti intralcino la
strada agli automobilisti o ai pedoni, la multa arriverà fino ai 1000 Euro.
- L’utilizzo di maschere o altri oggetti i quali
possono essere considerati pericolosi, sono proibiti. Come lo è partecipare
alla dimostrazione in stato di ebbrezza. Qui la multa potrebbe giungere ai 7000
Euro.
- Ogni tipo di raduno superiore alle tre persone,
se non approvato dalla municipalità, può essere considerato illegale e quindi
potenzialmente sanzionato.
Nonostante le misure appena descritte, la seconda
dimostrazione pubblica rinominata “La marcia del milione” ha avuto luogo questo
passato fine settimana. La milizia russa si è comportata in maniera stranamente
civile. A differenza della prima marcia, non si sono avuto scontri. Eppure, il
giorno della dimostrazione, i siti internet di alcune delle maggiori testate
giornalistiche anti-governative, “Echo Moskvy”, “Novaya Gazeta” e il canale
televisivo online “Dozhd tv” sono stati attaccati da pirata informatici e non
hanno potuto trasmettere in diretta le proteste di quasi 100.000 dimostranti.
Chissà con quale altra trovata il governo cercherà di
ostacolare la prossima marcia e spezzare l’avanzata della nuova società russa.
MB
Iscriviti a:
Post (Atom)